
Nell’articolo intitolato Nel tunnel della solitudine (Corriere della Sera del 3/05/2025) Walter Veltroni esprime la sua preoccupazione per le manifestazioni di disagio del mondo giovanile che, specie a partire dal periodo post Covid,sono diventate sempre più evidenti.
I dati riportati dal libro “Adolescenti interrotti” di Stefano Vicari (e riportati nell’articolo) sono stati comunicati dal responsabile dell’unità operativa di Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’ospedale Bambin Gesù. “Le visite in urgenza sono rimaste stabili per molti anni, circa 230 all’anno, fino al 2013. Da allora sono progressivamente aumentate toccando quota 1.059 nel 2019, anno prepandemico, fino a raggiungere 1.824 nel 2022.
E ogni anno, nel mondo, ci sono 46.000 suicidi di adolescenti.
L’articolo continua elencando una serie di dati allarmanti sul numero delle ore che i ragazzi trascorrono sui social.
Si elencano, infine, i numerosi e drammatici casi di violenza occorsi in Italia negli ultimi mesi, causati apparentemente da motivazioni banali. Protagonisti ancora adolescenti appartenenti alle diverse classi sociali, indipendentemente quindi da specifiche condizioni economiche
Si sofferma, infine, su una serie di manifestazioni ormai dai tratti “patologici”che caratterizzano il comportamento e la psicologia di molti adolescenti quali l’ ansia da prestazione, la smania di possesso, l’ansia di apparire e l’incubo del giudizio degli altri reso pubblico sui social,la solitudine e la finta socialità dei social, la pretesa di avere tutto e subito, mal sopportando anche il più piccolo ostacolo ai propri scopi ed eliminando, anche violentemente, chi osa opporsi ai propri desideri.
L’interessante e dettagliata analisi della situazione dei giovani di oggi non trova una proposta significativa sul da farsi.
Veltroni non cerca le cause di questa situazione, non propone soluzioni, ma demanda innanzitutto alla istituzione scuola il compito di cambiare la situazione.
Dichiara. ”Se dovessi indicare solo una priorità contro il rischio delle “vite interrotte” direi: scuola, scuola, scuola!”
E’ qui che non possiamo non marcare la distanza dal pensiero dell’autore. Basta una scuola aperta tutto il giorno per guarire i nostri giovani da questo grave stato d’ansia?
Ma chi può prendersi carico di una ferita così grande come quella che hanno i ragazzi oggi? L’Istituzione?
L’esperienza ci dice che solo un adulto libero e desideroso di incontrare un giovane è in grado di fare con lui un cammino che lenisca questa ferita ; si educa solo attraverso un rapporto nel quale l’adulto e il ragazzo giocano la loro libertà.
Educare ha sempre costituito una sfida, sebbene in questo periodo storico i ragazzi siano sottoposti ad una pressione sociale molto più forte che in passato : messaggi che promettono risultati immediati e facili, pubblicità insistenti, proposte di modelli comportamentali distorti.
In un ‘epoca che sembra spingere verso la superficialità dell’impegno e verso guadagni facili il compito degli adulti è arduo, ma non sostituibile.
Occorre allora costruire luoghi dove i ragazzi possano fare esperienza di bellezza, allargando i propri orizzonti e imparando a stimarsi come persone, accettando gli insuccessi e ripartendo dopo ogni caduta. Anche la scuola può essere un luogo dove è possibile vivere l’esperienza della conoscenza della realtà e il riconoscimento del proprio valore come persona.
Non possiamo delegare a nessuno questo compito, siamo chiamati in prima persona come padri e madri, educatori o semplicemente adulti a non permettere che si spezzino altre vite ,che altri giovani oltrepassino quella linea d’ombra di cui parla Veltroni.
Ci sarebbe molto da scrivere, ma occorre anche solo ricordare che ogni adulto è chiamato ad essere padre e madre di ogni ragazzo a lui vicino o da lui incontrato.