GIUBILEO DEGLI ARTISTI E DEL MONDO DELLA CULTURA

Il 16 febbraio scorso, in occasione del Giubileo degli Artisti e del Mondo della Cultura, il Card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, durante la Santa Messa nella Basilica Vaticana ha letto il testo dell’omelia preparata da papa Francesco. Riprendiamo alcuni passaggi significati di questo testo, che possono illuminare l’attività e l’esperienza di svolgono un lavoro culturale.

Anzitutto un compito per chi fa cultura: «Voi, artisti e persone di cultura, siete chiamati a essere testimoni della visione rivoluzionaria delle Beatitudini. La vostra missione è non solo di creare bellezza, ma di rivelare la verità, la bontà e la bellezza nascoste nelle pieghe della storia, di dare voce a chi non ha voce, di trasformare il dolore in speranza». Questa è anche la missione di un Centro Culturale, questo è l’orizzonte in cui si collocano iniziative, incontri, manifestazioni.

Tutto ciò con una lucida consapevolezza della situazione attuale, del contesto e del clima nel quale siamo immersi: «Viviamo un tempo di crisi complessa, che è economica e sociale e, prima di tutto, è crisi dell’anima, crisi di significato. Ci poniamo la questione del tempo e quella della rotta. Siamo pellegrini o erranti? Camminiamo con una meta o siamo dispersi nel vagare? L’artista è colui o colei che ha il compito di aiutare l’umanità a non perdere la direzione, a non smarrire l’orizzonte della speranza. Ma attenzione: non una speranza facile, superficiale, disincarnata. No! La vera speranza si intreccia con il dramma dell’esistenza umana. Non è un rifugio comodo, ma un fuoco che brucia e illumina, come la Parola di Dio. Per questo l’arte autentica è sempre un incontro con il mistero, con la bellezza che ci supera, con il dolore che ci interroga, con la verità che ci chiama».

A partire da una citazione del poeta inglese, sacerdote gesuita, Gerard Manley Hopkins

Il mondo è carico della grandezza di Dio./ Essa brillerà come il bagliore della lamina scossa

viene indicata la missione dell’artista, e possiamo dire di chi fa un lavoro culturale: «scoprire e rivelare quella grandezza nascosta, farla percepire ai nostri occhi e ai nostri cuori».

Sempre Hopkins sentiva nel mondo un’eco di piombo e un’eco d’oro: l’artista e l’uomo di cultura – afferma Papa Francesco – sono sensibili a questi echi e a queste risonanze, e sono chiamati a compiere un discernimento e ad «aiutare gli altri a discernere tra i differenti echi delle vicende di questo mondo […] a spiegarceli e a illuminare la strada su cui ci conducono: se sono canti di sirene che seducono oppure richiami della nostra umanità più vera».

Negli artisti il Papa vede dei «custodi della bellezza che sa chinarsi sulle ferite del mondo, che sa ascoltare il grido dei poveri, dei sofferenti, dei feriti, dei carcerati, dei perseguitati, dei rifugiati». «Viviamo in un’epoca in cui nuovi muri si alzano, in cui le differenze diventano pretesto per la divisione anziché occasione di arricchimento reciproco. Ma voi, uomini e donne di cultura, siete chiamati a costruire ponti, a creare spazi di incontro e dialogo, a illuminare le menti e a scaldare i cuori».

«Qualcuno potrebbe dire: “Ma a che serve l’arte in un mondo ferito? Non ci sono forse cose più urgenti, più concrete, più necessarie?”». Analogamente possiamo dire: “A cosa serve un Centro Culturale? Perché insistere a organizzare dibattiti, allestire mostre, proporre spettacoli?”.

Risponde Francesco: «L’arte non è un lusso, ma una necessità dello spirito. Non è fuga, ma responsabilità, invito all’azione, richiamo, grido. Educare alla bellezza significa educare alla speranza. E la speranza non è mai scissa dal dramma dell’esistenza: attraversa la lotta quotidiana, le fatiche del vivere, le sfide di questo nostro tempo. […] Il mondo ha bisogno di artisti profetici, di intellettuali coraggiosi, di creatori di cultura».

Sentiamo rivolta a noi l’appello conclusivo: «Non smettete mai di cercare, di interrogare, di rischiare. Perché la vera arte non è mai comoda, offre la pace dell’inquietudine. E ricordate: la speranza non è un’illusione; la bellezza non è un’utopia; il vostro dono non è un caso, è una chiamata. Rispondete con generosità, con passione, con amore.

Il discorso completo si trova qui.